Opera 1^ classificata Sezione Adulti
Pietro Catalano
Il giorno verrà presto
(Abruzzo, 6 aprile 2009)
Un’altra volta la Madre
ha ucciso i suoi figli,
inghiottendo nella notte nera
urla di dolore
e pianti e disperazione e silenzi.
Anche angeli col vestito bianco
quella notte di sapore acre,
polvere e buio,
corpi nudi fra macerie di vita.
Si perde tutto in venti secondi,
la notte abbraccia respiri e sonni,
solo il latrato si sentiva soffocato
e dalla stalla muggiti disperati
orfani di latte.
Lunghe file di bare senza respiro,
fiori e gigli bianchi, colore
che accompagna oltre la vita
angeli ancora senza ali.
Ma in questa terra, i figli
come i padri
ed i padri dei padri
tornano sempre dopo ogni temporale
a coltivare grano
tenero come sorrisi di fanciullo.
La luna grazia ora
corpi fratelli della notte,
il giorno verrà presto
ad asciugare lacrime di sale.
Opera 2^ classificata Sezione Adulti
Simona Di Dio
D’infinito
Hai reso d’infinito la tua assenza
il freddo spazio del mio sospiro!
Tu, prova tangibile dell’essere,
ora ti adagi sotto il canto degli ulivi,
tra le palme dei santi, colme di silenzi.
Sotto la calda terra gli occhi ora puntano
Verso l’infinito spazio d’ogni canto d’amore,
dove sento ancora la tua voce
che fiorisce dentro la mia coscienza,
d’un’umana compassione.
Ed io divenni quercia dentro l’iride di luna,
divenne amore infinito la mia preghiera,
dentro il tempo che si fermò
nel grigio freddo di gennaio.
Persino le campane smisero di suonare,
e Dio, scese nel silenzio,
alla fredda presenza della neve,
dove chiara mi rese vortice di purezza
in questo candido letto di lutto.
Opera 3^ classificata Sezione Adulti
Giuseppina Sisca
Cecilia (Ai non vedenti)
Sei nata in un guizzo di tenebre, Cecilia,
murena lucente degli abissi,
dove non filtra raggio alcuno alle finestre,
in uno spazio fatto unicamente di suoni e di profumi.
In te il buio non seppe mai
di chiamarsi buio
perché non vide in faccia il suo alter ego.
E la notte, dimentica d’ombre e di paure,
ha dilatato il suo tempo in un organo di senso
intento a percepire l’infinita oscurità.
Mi chiedo come si possa, Cecilia,
senza averlo visto, immaginare il mare
o se il sole sia per te soltanto un bel concetto
astratto. Mi leggi nel pensiero
forse perché anche i pensieri vagano nel buio:
così descrivi le maree dell’emozione,
l’onda dei battiti ed i ritorni spumeggianti
di passione, esattamente
come se l’oceano abitasse nel tuo cuore.
Infine ricalchi la forma cangiante delle nubi
usando, in un effluvio d’ali, il tatto.
Speciali percezioni accendono neon giganteschi
nel labirinto di pericoli e barriere.
E se affido i miei occhi al tuo sentire,
capisco che il mondo a luci spente non è il tuo.
Da sempre osservo, Cecilia,
la naturalezza con cui ti destreggi
nel sottobosco intricato di vite e di oggetti.
Per te non dev’essere stato facile, specialmente
all’inizio, riclassificare le moltitudini dell’universo
disperse nel silenzio dei colori.
Ma oggi ringrazio Iddio d’aver mandato
in questo cieco mondo
quel tuo acutissimo fuoco percettivo, così
caldo, a gettare un po’ di luce nel mio cielo.
Opera 4^ classificata Sezione Adulti
Giuseppe Terranova
Trenodia
Per le vittime di Sant’Anna di Stazzema
Paghe del notturno incanto
di mille stelle cadenti
nel firmamento apuano,
della straziante blasfemia
presaghe ancora non erano
l’anime nostre,
benché sulle pendici inermi
del monte Lieto, a tratti,
leggeri zefiri echi dolenti
di feroce barbarie trascinavano.
Ma all’alba, quel giorno,
tra sguaiate risa d’inverecondi satiri,
alla macabra danza
il suono di ebbri organetti
le nostre orecchie solleticarono
e le nostre ali d’uccelli di passo
con talloni ferrati calpestate furono,
prima che terrifiche bocche di fuoco
tutto ardessero nell’aria grumosa di pena.
Nell’agostana bolgia così,
con petrose parole, il nostro strazio tacitarono
Moloch grigi che, l’innocente silenzio
violando, assolati prati
inturgidirono di frondoso pianto.
Incredulo viandante,
sappi che questo è stato;
ma non dolerti per noi,
perché perenne il nome
di quest’ossario vivrà
e questo sole che, all’imbrunire,
sul sentiero di spine s’arancia,
il sonno eterno custodirà,
di quanti, bulimici di vita,
vulnerati ancora oggi sono
dalla ferinità di Caino.
Opera 5^ classificata Sezione Adulti
Daniela Raimondi
La promessa
Eri appena arrivato:
una bolla di liquido vivo, poche cellule
senza nervi o memoria.
Il tuo spirito, un po’ di vapore nella mia carne,
il tuo cuore grande come uno spillo.
Avevi scavata una tana nel buio.
Lottavi nel segreto della materia.
Eri una cellula di liquido e fuoco,
una foglia nel centro dell’uragano.
‘Se nasci, lo giuro
nessuno potrà farti del male.’
Te lo avevo promesso.
Mi hai ascoltato.
Come un acino dolce
ti sei afferrato al mio sangue
e il tuo cuore ha cantato.
Eri cieco, senza gioia o dolore,
ma salvo.
E poi mi hai seguito attraverso i deserti,
nella sete della terra dei Maya.
Piccolissima ampolla di lava
ti ho portato con me sorvolando gli oceani,
le valli d’Europa, il delta dei fiumi
e ancora più in là,
verso la zona di luce della tua vita.
Ti ho portato con me fino a casa
a conoscere il suono,
il primo mattino del mondo.
Opera 6^ classificata Sezione Adulti
Roberto Marceca
Una lapide
Un giorno vivido di maggio. Si sconfina la pianura
Per azzurri illimitati fra gli spazi palpitanti
All’orizzonte, dove il vento dissolve l’infinito, e ripassa
Fremendo nelle foglie. Qui, dove cammino,
è il silenzio lento del meriggio, davanti
A una chiesa scolorita, e una lapide già antica.
“Morti in difesa della Patria” – “Vittime civili dei
bombardamenti” – Antonio,
Luigi, Giuseppe, Oreste e altri nomi di una volta, che
Qualcosa ha cancellato; Russia, Germania, Cefalonia
Ed Algeria – i ragazzi di vent’anni in cui
Nessuno più ricorda. Per questo soltanto
Veniste all’esistenza: per la Storia bugiarda
Che distrugge, ad essere atomi nel Tutto; strumenti
Inconsci di uomini inconsapevoli a se stessi;
Perché la morte Vostra ricomponga la Presenza.
Pietosamente, fiori penduli accompagnano il ricordo;
Un fiato appena ne accarezza le corolle.
La bellezza estrema dell’inconscio attinge e oscura
Il senso vano di ogni cosa. Illusione distesa nella luce
che vibra perfetta e ci distoglie: un diverso ne
Traspare, il fondo chiaro dell’esserci di fronte.
Così la Vita nella pena indifferente e
Nella gioia estiva che ci innalza,
Ritesse per l’eterno trame inutili di
Inganni, in cui si abbaglia ogni
Coscienza. Ciò che noi possiamo è desolata
Comprensione, e voler esistere gli istanti:
Esperta ingenua brama di piaceri trasparenti,
Sottratti al Tempo e all’impotenza. Vorrei
Donarvene un frammento, compagni sconosciuti,
In questo attimo di senso: un soffio tiepido
Di luce; il silenzio sacro che accompagna;
Il cielo, antico padre abbandonato in cui
Ci smemoriamo.
Opera 7^ classificata Sezione Adulti
Fabiano Braccini
Di una presenza
le effimere tracce
Sul libro
ancora l’impressione delle dita
che sfogliano lentamente
le pagine
e la delicata immagine
del suo sguardo assorto
che su una frase
si sofferma più a lungo raccolto.
Nel caffé della mattina
pare aggiungere
– con i soliti gesti misurati –
quel poco di zucchero che basta
e con soffio leggero
sembra poi
volerne stemperare il bollore.
Del contatto di labbra
rimane solo un’effimera traccia
sul margine della tazzina.
A ogni pur pallido raggio di sole
traspare nella stanza
la linea d’ombra del suo profilo
e le orme dei passi
sul velo di polvere del pavimento
illudono per un attimo
che sia soltanto provvisoria
la sua assenza.
Opera 8^ classificata Sezione Adulti
Giulio Enzo Dicati
Donna d’Africa
Donna, amica
ti guardo…
per capirti
mi parli di terre lontane…
e ne vedo il colore riflesso
nei tuoi grandi occhi
neri rotondi contornati d’avorio,
mi dici
di quella brillantezza del sole
di quelle albe infinite
e di quelle notti paurose
fatte di occhi silenziosi,
dei… risvegli tranquilli
dei branchi di gazzelle
agili come stelle volanti,
che sollevano la sabbia rossa
di una terra esausta,
singhiozzi ancora…
di un uomo che ti fece sua
legandoti come preda ringhiosa
lasciandoti sanguinante al sole
per bruciare la tua dignità
Africa…
come una madre malvagia
che allatta i suoi figli
al seno sterile della morte
per vederli soffrire meglio,
abbandonandoti
su di un nero barcone
tra le onde pericolose
verso un mondo peggiore,
dove uomini
con un ghigno duro e cainico
sferzeranno il tuo bel viso d’ebano
chiamandoti…… CLANDESTINA!
Opera 9^ classificata Sezione Adulti
Lina Cornia
Donne e donne
Come fili d’erba
per sfamar le bestie
falciati sotto il sole
e resta solo paglia
come lucciole spente
nei parcheggi senza prati
come grappoli sgualciti
come oggi senza domani.
Donne scintillanti
che si aggrappano alle stelle
donne senza volto
che rincorrono la vita
migrano come rondini
verso nuove primavere
voli che si fermano
non ritornano ai nidi.
Calano i sipari
sui grandi schermi
si alzano gli occhi
di volti nuovi
pallidi e scuri pensieri
si aprono sorrisi
nascosti dai veli.
Donne che proteggono
il profumo dei fiori
donne che cullano
il sapore della vita
donne che marciano
per far nascere il domani
lacrime e sorrisi
guerre vinte con il cuore.
Opera 10^ classificata Sezione Adulti
Fulvia Marconi
Fra quelle fronde in cui s’impiglia il canto
(Salviamo la natura!)
Grato d’olezzo il fieno a primavera,
fra azzurre trasparenze al dilagare
di vividi riflessi d’aure quiete,
d’un cielo che s’accende di splendore.
Vedo occhieggiar campanule sui prati
che speranzose di recar diletto,
all’occhio pronto a coglierne il colore,
san civettar persino con il sole.
Di quel fragor celeste ch’è la vita,
figlio del vento e dell’aria pura,
un uccellino dal capino nero
sogna cantando all’acqua fresca e chiara.
S’impigliano le note dei gorgheggi
tra fronde, bacche rosse e gelsomini
e danzano al respiro di quell’aria,
che vuol narrare al vento sol d’amore.
E ride il fiordaliso stretto al grano,
tra quel frinir di grilli e di cicale,
ma s’alza un vento gelido dal colle
che parla di paura e pur di morte.
Da quella fronda in cui s’impiglia il canto,
tuona il fucile a forare il sole
e smette di sorridere quel grano,
mentre si sfoga in pianto il fiordaliso.
Solo il silenzio assorda ora il prato,
non più quel trillo all’orecchio giunge,
era un capino nero… era un incanto…
fra quelle fronde in cui s’impiglia il canto.
Opera vincitrice del Premio in memoria di Augusto Robiati
Aurelio Barzaghi
Ricordo di zia Amalia
Ti volevo bene zia Amalia
siciliana saggia e fiera
in una famiglia di milanesi
unica “straniera”.
Capivi e difendevi
le marachelle di un bambino
troppe volte maltrattato dal destino.
Ancora tu, l’unica
che alla morte del’ultimo mio caro
hai gridato al Cielo, con me, il tuo dolore.
Poi, mi hai stretto forte, con amore
per prepararmi all’ultima battaglia
ti voglio ancora bene, zia Amalia.
Opera 1^ classificata Sezione Giovani
Valentina Tagliabue
Il vento tra i ciliegi
Nel giardino dei ciliegi
soffiava un vento forte:
scompigliava i miei capelli,
scompigliava i miei pensieri.
Ondeggiavo sui miei piedi,
tintinnavano i bracciali
e il mio rosso fermaglio
a forma di farfalla.
Dolce come una luna
appena uscita dal lago,
avevo dita d’argento
e miele lungo la schiena.
L’aria tiepida intorno
come ali di una falena;
mi avvolgeva la seta
di un’altra primavera.
Nel giardino dei ciliegi,
delicata come un giglio,
danzavo nella neve
con le spalle scoperte.
Lui era tramontato
con il sole di Dicembre,
recando fra le braccia
un involto di sorrisi.
Ed il vento raccoglie
con carezze incolori
una farfalla cremisi
su un tappeto di fiori.
Opera 2^ classificata Sezione Giovani
Lorenza Basilavecchia
Campo Imperatore
Non ho nome così vicina alle stelle.
La valle è nera e insaporita dalla brace
ancora fumosa
dall’erba lavata di gelo
dal bosco
persino dal cielo.
Le sagome perdono l’ombra sul
riflesso bluastro delle galassie che
– quasi corone di fulgidi gigli –
la buia chioma della notte
ammantano.
Neppure i pascoli calpestano più la quiete
le lamine argentee del freddo
li hanno messi a dormire appena dopo
l’incendiato spirare del sole.
Soltanto i monti sono rimasti
il loro respiro e mistero
le loro spalle rocciose
la loro eco sperduta e
da sempre nostalgica.
Le mani congiungo sulla terra
poi sul ventre.
Non ascolto le briose chiacchiere
riscaldate dal vino
né le canzoni sulle bocche dei cari
riprese da tempi per me mai conosciuti.
Continuo soltanto
– forse per la prima volta –
ad esistere.
Opera 3^ classificata Sezione Giovani
Chiara Franzil
Pomeriggio
Un lumeggio
appena accennato
sfiorava
come Libeccio
la cupola
di abeti.
La tela
di vetro
incorniciava
la disarmonia
di un frastaglio
incombente
di cime.
Scricchiolava
il legno
sulla brace
e sotto
un camminare
scalzo.
Studiavano
Keynes e Rousseau
tra il silenzio
di quei luoghi,
ma avevamo ancora
nella bocca
le risate dell’infanzia,
e guardandoci
riemergeva
l’eco
di altri giochi,
al tempo in cui
la nostra amicizia,
ora corteccia
di quercia,
non era altro
che seme.
Opera Menzionata dalla Giuria Sezione Giovani
Daniele Armando
Briciole di luce
Intorno a noi i monti assonnati
sbadigliano nella penombra.
Attendiamo insieme
il primo tocco di luce:
la vetta lentamente arrossisce
a fil di cielo,
prima di sciogliere
i suoi capelli dorati.
Giù in basso, l’orizzonte
stringe le dita giallognole,
ondeggiando tra nebbie cangianti.
Per un attimo,
nel tenero azzurro
volano tante briciole di luce.
Sono schegge di pura amicizia:
risalgono, più leggere dell’aria
e leniscono l’anima.
Sono piccoli ioni di speranza,
gocce cariche di libertà
che vestono l’aurora.
Il silenzio batte la sua ala di luce;
si stemperano le nostre paure,
si allontana ogni cattiveria.
Vivi sbuffi di vento
scaldano i nostri sogni
e cullano i nostri affanni
in una musica di pace
che ora ci abbraccia,
dolcemente,
fino a trascinarci
dentro l’infinito.
Opera Menzionata dalla Giuria Sezione Giovani
Eugenio Gamberoni
Mamma ti ricordi quel giorno di Natale
in cui ho ricevuto un dono speciale?
Credere a Babbo Natale era una magia
che il tempo si è portato via
Lilli, il nome che le ho dato
non l’ho più dimenticato
Quanto era dolce il suo respirare
e morbido il pelo che non mi stancavo mai di accarezzare
Pareva un fiocco di neve caduto dal cielo
ed è scomparsa al primo disgelo
Dicevi: «Sei troppo piccolo per soffrire, bambino mio»,
nel cuore avevo un grande tramestio
Ho detto una preghiera
quando l’hai sepolta sotto la terra nera
Play Station, Nintendo, Game Boy
regalami quello che vuoi
Ma questo Natale vorrei che tu mi stringessi forte
per cacciar via dai miei occhi l’ombra della morte.
Opera Menzionata dalla Giuria Sezione Giovani
Jacob Panzeri
Atomi, sinapsi e anima
Il viso increspato e solerte di un vecchio,
algido e dolce come le onde del mare,
scavato da rughe ed esperienze.
L’imberbe sguardo di un puro puero,
mansueto e timido sorriso.
Il pensoso sguardo di un filosofo,
mago dell’Essere, perso nelle monere
del fatuo sensibile.
Uno sguardo comunica
La vita, gli occhi penetrano
Le nubi e contemplano
Il celeste pianeta.
Il volto trionfante e dolente
Di Cristo in croce.
E un muro di massa,
sguardi pietrificati e sbiaditi
identità ceree nascoste
con un cellulare o una nickname.
Una paura atavica e ancestrale.
Identità.
A heap of broken images.
Uno sguardo, un incontro
Voce che chiama per nome
Vedere e amare
Percepire e comprendere
Alla ricerca
Dell’Infinito
Granello di Ragione
Presente nel Cuore umano
Atomi, Sinapsi e Anima.